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REWIND - TEBI, DAL GOL SALVEZZA CONTRO ZEMAN ALLA POSSIBILE PANCHINA NEL 2010: "POTEVO RITORNARE ALLA PAGANESE"

Da allenatore è stato secondo di Conte, Sarri e Ventura; da calciatore per quattro anni ha indossato la maglia azzurrostellata, guidando la difesa e diventando un punto di riferimento per la tifoseria. Carlo Tebi, ciociaro, classe 1963, quest’anno aveva iniziato la stagione nello staff tecnico di Giuseppe Giannini alla guida del Racing Fondi, in Serie C. Dopo quattro giornate, l’esonero.
Da calciatore, la sua carriera è legata principalmente alla primavera del Napoli e alle esperienze di Pagani e Giarre: «Le due squadre con cui ho giocato quattro anni, quelle con più presenze della mia carriera. Con la Paganese 120 presenze; qualcuna in più a Giarre. Ma solo perché a Pagani arrivai a novembre e non a inizio campionato», dice.

Sono passati 33 anni dal suo esordio con la maglia della Paganese. Raccontiamo quali sono le emozioni più belle della sua esperienza in azzurrostellato?
«Quattro anni a Pagani corrispondono a tanti ricordi belli. Venivo dalla Primavera del Napoli e, dopo un anno alla Frattese, durante il quale feci il servizio militare, venni a giocare a Pagani. Ricordo il mio primo gol: giocavamo contro il Licata di Zeman, ultima partita di campionato, realizzai la rete del 2-2, quella che ci diede la certezza matematica della permanenza in Serie C. Ecco, questa è una delle cose indimenticabili: fu un risultato importante. E poi restano i bei legami interpersonali».

Raccontiamoli: il rapporto umano più bello di quell’esperienza qual è?
«In quel gruppo c’era un gran feeling. Il presidente, Vincenzo Cascone, fu testimone al mio matrimonio: aveva creato un bel rapporto anche con la mia fidanzata, poi diventata mia moglie. Frequentavo tutti ma entrai molto in sintonia con Dario Rasi: le nostre fidanzate si conoscevano e sua moglie Romilda fu pure lei testimone al mio matrimonio. Nel 1986 ci sposammo a distanza di tre giorni e partimmo insieme per il viaggio di nozze. Eravamo compagni di squadra e ottimi amici».

E il rapporto con la tifoseria?
«Ricordo i tifosi di Pagani con molta simpatia, spero anche loro. Come tipologia di calciatore, ero uno che puntava molto sulla grinta e questo credo faccia piacere a un tifoso. Ho scoperto, dopo tanti anni, di aver avuto anche un tifoso d’eccezione: il presidente Trapani che, giovanissimo, seguiva le sorti della squadra ed era un mio sostenitore».

A proposito di Trapani, qualche anno fa (2010) il suo nome fu accostato a quello della Paganese: si diceva che avesse intavolato una trattativa con la dirigenza per tornare a Pagani da allenatore. A distanza di anni possiamo dirlo: cosa c’era di vero?
«Ci fu un contatto quell’anno. Tramite il figlio di Vincenzo Cascone conobbi il presidente Trapani; ci fu un accenno a questa possibilità ma poi loro scelsero Palumbo che era già stato a Pagani. C’è stato sempre un rapporto cordiale con la dirigenza. Non nascondo che un domani, casomai si presentasse l’occasione, tornare a lavorare a Pagani sarebbe un sogno».

Sta seguendo le vicissitudini dell’attuale Paganese?
«Conosco bene Massimiliano Favo, lo stimo: è molto preparato. La Paganese deve lottare a denti stretti e riuscire a salvarsi con tranquillità».

Se la sente di fare un pronostico su questo campionato?
«Ci sono alcune squadre che appartengono chiaramente a una categoria superiore: penso a Lecce, Catania e Trapani, per esempio; hanno budget e giocatori superiori. Poi c’è una seconda fascia, in cui ci possono essere delle sorprese: penso a società che non hanno speso tantissimo in termini di mercato ma che stanno rendendo molto bene. E poi c’è il resto, dove purtroppo è immischiata anche la Paganese, che deve lottare per la salvezza».

Da quanto manca a Pagani?
«Da un po’. Pensavo di passare qualche settimana fa per una partita. Ma credo che con l’anno nuovo verrò una volta allo stadio: ne approfitterò per salutare alcuni amici di Pagani. Nel frattempo, però, anticipo un saluto affettuoso e tanti auguri a tutta la piazza».

Barbara Ruggiero
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