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REWIND - BONORA E IL SOGNO DELLA SERIE B: "MA QUEL SECONDO POSTO FU COME UNA VITTORIA"

«Consentitemi un augurio particolare a tutta Pagani e alla dirigenza della Paganese: speriamo in una tranquilla salvezza quest’anno. Mi dispiace sempre quando sento che la squadra perde». A parlare è Franco Bonora, uno dei difensori più forti della storia azzurrostellata oltre che uno dei componenti del gruppo che sfiorò la Serie B nel 1976/1977, nell’entusiasmante testa a testa con il Bari. Bonora arrivò alla corte di Gennaro Rambone dalla Salernitana e si fermò in città per un solo anno: nella stagione 1977/1978 fu richiamato a Udine, nella sua terra, dove nel giro di due anni contribuì, con una doppia promozione consecutiva, al ritorno dell’Udinese in Serie A (nella foto accanto all'allora presidente dei friulani, Teofilo Sanson).
Trentasei le sue presenze con la maglia della Paganese; un anno indimenticabile anche per Bonora: «Arrivammo al secondo posto dopo il Bari che aveva costruito uno squadrone per vincere il campionato. Ci piazzammo meglio di formazioni molto più titolate», spiega.

Qual è il ricordo più bello in azzurrostellato?
«Tutta l’annata, facemmo un campionato eccezionale rispetto alle aspettative; anche in Coppa Italia arrivammo quasi fino alla fine, uscendo dal torneo solo con un po’ di sfortuna. Fu un campionato bellissimo ma di grandi sacrifici. Gennarino Rambone pretendeva molto, specie dai più giovani. Ricordo una squadra molto competitiva, di buone individualità e di numerosi combattenti».

Qual era la forza di quel gruppo?
«Il carattere e la compattezza anche in fase difensiva. Eravamo tra le difese meno battute: prendevamo pochissimi gol. La difesa era molto ben attrezzata con Fiore in porta, Stanzione libero, io, Zana e Leccese in difesa...»

Lei è considerato uno dei migliori difensori della storia della Paganese: che effetto le fa?
«Ringrazio tutti quelli che si ricordano di me. Feci semplicemente un bel campionato, come tutti i miei compagni. Venivo dalla Salernitana e ricordo che ci furono problemi economici a Salerno e il finale non fu dei migliori. A Pagani trovai una società che rispettava tutti gli impegni e molto presente».

Parliamo della Pagani di quegli anni: com’era giocare in quella Paganese?
«Vivevo a Vietri sul Mare ma ricordo l’entusiasmo della squadra che vinceva e giocava bene, pur essendo neo promossa. Forse si aspettavano tutti un campionato sufficiente e invece fummo la sorpresa. Ricordo con piacere l’affetto dei tifosi e dei dirigenti. Ricordo sempre Torre, De Pascale, Malet, De Risi: quella dirigenza era come una famiglia, mangiavamo tutti assieme la domenica e vivevamo quel clima di entusiasmo che si respirava in tutta la città. Ecco, forse il ricordo più bello è aver dato qualche soddisfazione alla città e ai tifosi».

Tratteggiamo la figura di Gennaro Rambone?
«Un sergente di ferro. Riusciva a tirare fuori da tutti la giusta carica per giocare, specie dai tanti giovani. Io l’ho conosciuto proprio a Pagani. Era un personaggio che esprimeva la sua napoletanità, gli piaceva fare anche sceneggiate e sapeva quando usare il bastone e quando la carota. Riusciva a gestire benissimo anche i più giovani».

Quale fu il momento in cui vi rendeste conto che la promozione non era impossibile?
«Verso la metà del girone di ritorno forse ci rendemmo conto che stavamo facendo cose importanti, quando tutti pensavano che saremmo scoppiati. Capimmo tutti che quella era la nostra occasione e disputammo un ottimo campionato. Poi cedemmo, perdendo una partita, il Bari ci staccò e non riuscimmo più a vincere».

Quanto credevate in quel sogno?
«Ci credevamo come si crede in un traguardo molto importante e ambito, pur sapendo di avere come competitor una squadra molto forte. Facemmo tutto quello che era possibile fare, che era nelle nostre forze. Ma il risultato finale di quel campionato per la Paganese fu già la vittoria».

Barbara Ruggiero
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