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REWIND - CARDAMURO E LE EMOZIONI AZZURROSTELLATE: "PIANSI AL MIO ARRIVO E L'ANNO SCORSO QUANDO TORNAI"

«Tre anni indimenticabili. Un’emozione unica tornare dopo trenta anni dove ho lasciato il cuore». Pasquale Cardamuro non nasconde il suo legame con Pagani: «Sono tornato lo scorso anno per la presentazione del libro ed è stata un’emozione troppo bella, lo ripeto sempre». In azzurrostellato dal 1984 al 1987, Cardamuro, dopo aver appeso le scarpette al chiodo, gestisce un’attività commerciale nel napoletano, a Torregaveta.

Qual è l’emozione più bella degli anni in azzurrostellato?
«Tante. Sono arrivato a Pagani che ero un ragazzino, non avevo ancora venti anni. Potete immaginare che periodo. Arrivai quando Angelo Mammì allenava la Paganese. Giocavo nella Primavera dell’Avellino e venni a Pagani quasi a malincuore: sapevo che c’erano varie richieste per me e puntavo a uscire fuori regione. Poi, spinto anche dai dirigenti irpini che avevano buone amicizie a Pagani, accettai la corte della Paganese: arrivai in prestito. Mi feci qualche pianto all’inizio anche perché non ero ancora un calciatore maturo, ma poi mi convinsi della scelta. E devo dire che, pur non avendo vissuto annate storiche per la città, mi sono trovato proprio bene».

C’è un gol che le è rimasto nel cuore?
«Indimenticabile un gran gol a Castellammare contro la Juve Stabia, quando ci allenava mister Fontana. La Juve Stabia era una squadra costruita per vincere e io segnai una rete quasi da centrocampo. Poi c’è il gol a Siracusa e uno contro la Lodigiani in trasferta. Ricordo che contro la Lodigiani c’era un parterre di osservatori arrivati apposta per un goleador avversario. Alla fine Carlo Tebi, che era seduto in tribuna, mi disse: “Erano venuti per vedere un avversario e hanno trovato te”. Fu il mio ultimo anno a Pagani».

Qual è il rapporto umano più bello dell’esperienza a Pagani?
«Ce ne sono tanti. C’erano tante persone che gravitavano intorno alla Paganese. E parlo anche di semplici cittadini e tifosi con cui ti fermavi sempre a chiacchierare, che ti facevano sentire parte di una famiglia. Lo scorso anno, quando sono tornato per la presentazione del libro, mi salutavano in tanti e io, facendo mente locale, mi sono reso conto di quanti anni erano passati: ho ritrovato, dopo trenta anni, tutti quelli che ci volevano bene e ci seguivano sempre. Nel calcio conta dare sempre il massimo in mezzo al campo e onorare la maglia che si indossa. E poi c’è il rapporto con i tifosi: bello anche se non sono stato a Pagani in una di quelle annate da incorniciare».

Segue sempre le sorti della Paganese?
«Sono tifoso del Napoli e della Paganese. E ho una simpatia particolare per tutte le squadre in cui ho giocato. Mi aggiornano molto alcuni miei amici anche su Facebook. Mi spiace sapere che quest’anno ci siano poche persone che seguono la squadra in casa, è un’annata particolare. Pagani è una grande piazza e dovrebbe avere un maggiore seguito, la categoria è ottima per la città. Speriamo bene per il futuro: la serie C sa dare soddisfazioni a un pubblico esigente».

Barbara Ruggiero
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